Italiano vs dialetto: lingua o non lingua?

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Il 21 febbraio si è celebrata la Giornata Internazionale della Lingua Madre, iniziativa promossa globalmente dall’Unesco a partire dal 2000, per ricordare, preservare e promuovere il valore della diversità linguistica e culturale.

Gli stati membri sono invitati a celebrare questa giornata come monito del fatto che la diversità linguistica ed il multilinguismo sono essenziali per uno sviluppo sostenibile, specialmente in questo secolo che testimonia la scomparsa di una lingua madre circa ogni 2 settimane e con la lingua scompaiono un intero retaggio culturale ed intellettuale.

Ma parlando di retaggio culturale, un dialetto è una lingua? E’ una domanda importante, specie se pensiamo all’Italia e ai moltissimi dialetti regionali e provinciali.

Un interessante articolo su Wired ci aiuta a fare chiarezza su questo punto grazie all’intervento di Tullio Telmon, uno dei più noti dialettologi italiani, docente emerito dell’università di Torino e autore di Le minoranze linguistiche in Italia.

Secondo Telmon ogni dialetto andrebbe considerato come una minoranza linguistica, e quindi una lingua, e in Italia si potrebbe dire che ci siano tanti dialetti quanti comuni! L’Italia è la nazione che ha maggiormente conservato la propria varietà dialettale. In altri paesi, come la Francia, la lingua ufficiale ha predominato molto prima che in Italia, dove fino all’unificazione c’era uno stato di analfabetismo che toccava, in alcune zone, il 90% e che ha fatto sì che l’identità dialettale delle piccole comunità si preservasse nel tempo.

Per conservare questa preziosa identità culturale, Telmon suggerisce addirittura che a casa i genitori dovrebbero parlare il loro dialetto d’origine, la vera lingua madre, coi propri figli, lasciando alla scuola il compito di istruirli sull’italiano. A chi obietta che la cosa possa creare confusione nell’educazione e difficoltà di apprendimento, il professore ricorda che il cervello umano è predisposto al plurilinguismo e cognitivamente chi parla più di una lingua è avvantaggiato, soprattutto se l’ha appresa da giovanissimo (vedi il nostro articolo al riguardo).

Se dopo l’unificazione italiana, a poco a poco, parte del patrimonio dialettale è andato perdendosi, oggi si mostra un ritorno di interesse verso le forme linguistiche dialettali tanto che sta nascendo un gergo che Telmon chiama “giovanilese”, in cui elementi linguistici del dialetto si mischiano all’italiano ufficiale nel parlato di giovani e meno giovani, che non sono nativi dialettali.

Insomma impariamo le lingue straniere, ma non dimentichiamo le nostre radici!

Maggiori informazioni su questa speciale giornata alla pagina dedicata sul sito dell’Unesco e sul sito di Wired.