La top 10 delle lingue da imparare per i Brexit Britons

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Secondo un interessante articolo del Financial Times di questi giorni l’olandese è al settimo posto fra le lingue che i Brexit Britons dovrebbero imparare.

L’articolo fa riferimento al recente report del British Council che svela la top 10 delle lingue che gli inglesi post Brexit dovrebbero imparare. Il report è basato sullo studio del mercato UK in merito a turismo, esportazioni, economie emergenti, temi di sicurezza, diplomazia e opportunità di lavoro.

Non deve stupire che l’Olandese sia al 7° posto della top 10, visto anche la recente nomina di Amsterdam come sede dell’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, ma – udite udite – l’italiano si trova al 6° posto di questa classifica! Ci precedono le altre principali lingue europee, con lo spagnolo al 1° posto e il cinese al 2°.

Il report del British Council cerca di mettere in luce un problema linguistico da non sottostimare per il futuro del Regno Unito dopo l’addio alla UE. La fine del periodo del libero scambio e movimento possibile all’interno della UE, potrà significare per le aziende inglesi maggiori difficoltà nel rapportarsi con le aziende e i professionisti al di là della Manica, partners o meno, o con chiunque fosse in precedenza una fonte di reddito o business, consolidato o potenziale. Per non parlare della burocrazia che crescerà a dismisura.

Se da un lato l’inglese è la lingua franca del mondo, un passaporto per farsi capire più o meno ovunque, dall’altro lato ci sono gli inglesi, che le lingue straniere pare le parlino molto poco e piuttosto male, e questo ora rischia di compromettere il futuro della nazione!

Non è soltanto una questione di business, è anche il fatto che essere più o meno da sempre dei monolingue ha posto un velo sugli occhi degli inglesi, inibendo loro la possibilità di vedere la ricchezza e la complessità del mondo al di fuori dei propri confini.

Meditate cari inglesi, meditate!